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Rivoluzione. 

Potrebbero essere migliaia i sostantivi o gli aggettivi per descrivere l’impatto del brand Missoni sul mondo della maglieria, del design sartoriale e della moda, sul mondo in generale, in verità, ma probabilmente rivoluzione è il più calzante di tutti.

Ottavio Missoni nasce nel 1921 in Dalmazia, a 6 anni si trasferisce a Zara e si dedica all’atletica, con risultati formidabili: campione mondiale studentesco a Vienna, 8 titoli italiani e finalista alle Olimpiadi del 1948 nei 400 ostacoli.

Ottavio, per tutti Dai, ha un laboratorio di maglieria a Trieste.

A Londra, in viaggio studio, conosce Rosita Jelmini, la cui famiglia possiede un negozio di tessuti in provincia di Varese, si sposano nel 1953. In quello stesso anno Tai e Rosita fondano l’azienda Missoni, disegnando e confezionando abiti in un seminterrato di Gallarate.

L’estro di Tai e la determinazione di Rosita permettono all’azienda di ampliare il portfolio di ammiratori e clienti, creano una collezione di 500 capi per La Rinascente nel 1958, presentano la prima sfilata nel 1966, l’anno successivo sono in copertina su Arianna, la rivista di Anna Piaggi, nel 1968 organizzano una sfilata happening con performance acquatica nella piscina Solari di Milano.

Il loro stile, basato sulla pregiatissima qualità artigianale dei capi ed uno sfavillante uso dei colori, diventa icona quando nel 1970 presentano a Palazzo Pitti una collezione che è pura avanguardia visiva. Astrattismo, ispirazioni africane, patchwork, tweed e tessuti elasticizzati, arcobaleni di colore che spiazzano tutti, in America è un’esplosione di consensi, lo definiscono ‘put together’, mettere insieme. Questo il concetto a cui sarà associato Missoni da quel momento, il ‘put-together’, l’accostamento imprevedibile di tessuti, lavorazioni e colori che rende il brand un unicum nel panorama della moda ed un linguaggio stilistico a sé stante, appunto, rivoluzionario.

“I Missoni fanno la migliore maglieria del mondo e, secondo qualcuno, la moda più bella del mondo”, ha dichiarato il New York Times nel 1972, un anno prima di ricevere il prestigiosissimo Neiman Marcus Fashion Award nel 1973.

Una leggenda.

Una rivoluzione.

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